Manlio Maggio, manager della Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti, cosa rappresenta per voi la data del 22 marzo 2018?

La nostra storia ha varie sfaccettature. Il 22 marzo rappresenta per noi un importante giro di boa: un punto di arrivo e allo stesso tempo una nuova entusiasmante partenza, in un percorso umano, artistico e professionale fin qui certamente di successo, ma accidentato.

In che senso?

Abbiamo avuto due momenti importanti e di cambiamento nelle nostre carriere. Il primo risale al 2013, quando ci siamo trovati nelle condizioni di dover ripartire, venuta a mancare la continuità che il Teatro Regio di Parma dal 2000 al 2012 aveva assicurato all’orchestra del teatro. È nata quindi l’Orchestra dell’Opera Italiana; con questa denominazione abbiamo lavorato fino a che si è pensato fosse giunto il momento di creare noi stessi una società. Oggi, nella Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti è diverso. Ciascuno, con la sua quota societaria pari a poco più del 3 per cento dell’orchestra, è proprietario (e responsabile) della sua storia.

Ci spiega perché avete scelto di chiamarvi Filarmonica?

Perché Filarmonica etimologicamente significa associazione di musicisti; sono io l’unico…”fuori dal coro”.

Che effetto vi fa ripartire?

Ci sentiamo tutti parte di un’avventura che ci ha unito, frutto di sofferenze, ma anche fonte di grande energia e potenzialità. I soci hanno coinvolto altri colleghi di indiscusso valore, che volentieri hanno accolto il nostro invito e si sono subito mostrati felici di far parte di questo progetto.
Siamo un’entità puramente artistica che si autogestisce. Ed è uno stimolo questo, perché in questa fase di avviamento chi ha deciso di far parte della Filarmonica dell’Opera Italiana Bruno Bartoletti lo ha fatto con l’entusiasmo tipico della passione, che motiva tutti a mettere a disposizione le proprie energie, capacità e professionalità per ovviare alla mancanza di una struttura aziendale: siamo noi stessi a costituire l’organigramma aziendale, dividendoci i compiti e le mansioni.

Ci illustra le motivazioni che sostengono il nome che avete scelto?

Nel nostro nome c’è tutto. C’è naturalmente l’Opera che fa parte di noi, è nel dna di ciascuno dei nostri musicisti. E poi c’è il nome di Bruno Bartoletti, di cui è un onore immenso poterci fregiare e per questo ringraziamo gli eredi di aver acconsentito a legare la sua immagine alla nostra realtà. Bruno Bartoletti ha rappresentato e continua a rappresentare un modello per tutti noi. Mi riferisco, ad esempio, anche all’attenzione che il Maestro ha dedicato a repertori non consueti, come fece al Regio di Parma, in cui portò Ildebrando Pizzetti e Edward Benjamin Britten facendo crescere l’orchestra nel suo complesso e la pratica e l’esperienza di ciascun musicista che ne faceva parte.
Per tutto questo intendiamo sviluppare, accanto all’attività artistica istituzionale nelle stagioni liriche dei teatri di tradizione che decideranno di affidarsi alla nostra realtà, progetti innovativi, anche nella didattica, che ricordino il Maestro Bartoletti, portando il suo nome con onore in Italia e all’estero.